lunedì 26 marzo 2012

COSTITUZIONE: RAPPORTI ETICO-SOCIALI

CLASSI SECONDE

COSTITUZIONE ITALIANA 

Parte I

Titolo II:
rapporti etico-sociali

Il passaggio dallo stato liberale allo stato sociale segna il cambiamento e l'ampliamento dei compiti delle istituzioni statali in relazione alle diverse esigenze emergenti nella società.
L'industrializzazione, l'allargamento della base sociale del proletariato urbano hanno comportato la necessità di una politica di intervento e di sostegno a tutela dei soggetti economicamente e socialmente più deboli.
Accanto ai diritti politici e di libertà la Costituzione affianca i diritti sociali. Essi comportano l'interesse del cittadino ad ottenere determinate prestazioni dell'amministrazione statale (servizi pubblici, servizi di assistenza sociale, ecc..). Tali prestazioni e i corrispondenti servizi devono soddisfare i bisogni umani vitali e consentire il miglioramento della qualità della vita (art. 3).
Al fine di garantire lo sviluppo della persona umana, la Costituzione tutela i principali diritti e rapporti etico-sociali (artt. 29-34).


Art. 29:

La famiglia viene riconosciuta come elemento centrale della società e società essa stessa.
La famiglia, infatti, viene considerata “società naturale basata sul matrimonio”. Infatti, la famiglia è la prima forma di “società”. Ha delle regole che sono sue proprie e che l'ordinamento riconosce e tutela.

L'articolo 29 è inserito nel titolo secondo (Rapporti etico-sociali) della prima parte (Diritti e Doveri dei Cittadini) della Costituzione. Si tratta di una serie di articoli “innovativi” per l'epoca in cui la Costituzione è nata. Infatti, in quel periodo le idee socialiste e democratiche, sebbene in fase di ascesa erano, comunque, poco applicate sul piano pratico agli ordinamenti giuridici vigenti. Lo stesso Statuto Albertino, per quanto “lungimirante”, era ben lontano dal riconoscere un ruolo attivo dello stato nella tutela economica e sociale delle classi meno agiate.
Come si vedrà trattando il titolo terzo della Costituzione (Rapporti economici), si configura uno stato democratico e sociale (come viene detto dagli economisti “welfare state”, ovvero uno stato che garantisce il benessere), in cui si tutela il lavoratore (soprattutto il lavoratore dipendente) e si da una definizione di proprietà privata, non priva di contraddizioni.     

La famiglia, come società naturale, deve essere fondata sulla volontà liberamente espressa dalle parti di contrarre matrimonio.
In base alla legge n. 151 del 1975 i coniugi sono uguali dal punto di vista morale e giuridico. Tale pari dignità viene garantita sia nel rapporto tra i coniugi (dovere di fedeltà, pari diritto a partecipare alle decisioni che riguardano la famiglia e i figli, obbligo di partecipare al mantenimento dei figli in base alle capacità economiche, regime legale di comunione) sia nel rapporto con i figli (viene meno il concetto di patria potestà, oggi denominata potestà parentale, il minore ha il diritto di crescere e frequentare entrambi i genitori e le rispettive famiglie). L'eccezione alla parità dei coniugi viene sancita per legge a tutela dell'unità familiare.
L'uguaglianza dei coniugi fa sì che oggi non si parli più di potestà maritale, abolita da tempo in tutti i paesi occidentali.
In caso di contrasto tra i coniugi relativamente a qualche decisione che può comportare il venire meno della stabilità e della sicurezza della famiglia e dei figli, l'intervento del giudice, in base alla legge, può comportare la prevalenza di uno dei due.
La legge del '70 ha introdotto il divorzio, come scioglimento del matrimonio.
Tale legge, insieme alla laicità dello stato e ad altre problematiche importanti, è stata effettivamente “oggetto di negoziazione e accordo” solo nel 1984, con il nuovo Concordato, che tra l'altro ha riconosciuto al matrimonio religioso valore civile.
In ogni caso la Chiesa non attribuisce alcun valore al divorzio o alla separazione legale. Nel diritto canonico esiste la possibilità di annullare il matrimonio per delle cause ben precise. In tutti gli altri casi il matrimonio è, comunque, valido.
La legge sul divorzio è stata successivamente rivista con altre leggi successive. Tra esse la legge del 1987 che ha introdotto la separazione legale (consensuale o giudiziale). 
Limitate sono le possibilità di ricorrere ad aborto e procreazione assistita (solo nei casi previsti dalla legge, prevalentemente per ragioni di salute). 

Art. 30:

“I genitori hanno diritto/dovere di mantenere, istruire ed educare i figli”: tale norma non vale solo per i figli legittimi; con la riforma del 1975 anche i figli nati fuori dal matrimonio, detti figli naturali, hanno diritto allo stesso trattamento dei figli legittimi, o comunque a tutela giuridica e sociale, compatibilmente con i diritti dei componenti della famiglia legittima.
Lo stato si deve prendere cura dei minori che non abbiano i genitori o di minori non adeguatamente accuditi dalle famiglie di origine, tramite vari istituti previsti dalla legge. L'affidamento e l'adozione sono stati lungamente dibattuti dal nostro ordinamento. Ne sono nate delle norme piuttosto complesse e spesso poco chiare per i minori e per le famiglie di riferimento. Sin dalla fine degli anni '60 esistono, poi, le case famiglia, nate dall'esigenza di creare un ambiente familiare, in cui accogliere bambini e ragazzi con problemi, in alternativa agli istituti del passato (orfanotrofi).
Sussiste la presunzione della paternità all'interno del matrimonio (confutabile con prova contraria).

Art. 31:

Sancisce la tutela della famiglia “numerosa” attraverso varie misure economiche e “provvidenze”; basti pensare agli assegni di famiglia, alle detrazioni fiscali a favore dei carichi di famiglia, ai consultori familiari, alle agevolazioni per la casa e per il mutuo (concessi alle famiglie), per limitarci ai più importanti. 

La tutela della maternità, dell'infanzia e della gioventù dovrebbe essere ripresa da altri articoli e leggi. Per la prima si veda l'articolo 37 e le considerazioni del caso (tra cui asili nido, tutela del posto di lavoro per la madre nel periodo del puerperio, garantito anche per il padre che voglia assumersi le responsabilità della cura del figlio, in tale periodo).
Per la seconda, la legge del 2006, insieme ad altre norme, ha spostato l'età minima per l'attività lavorativa ai 16 anni.  

Art. 32:

Sancisce il diritto alla salute, che è contemporaneamente un diritto sociale e un diritto civile.
E' un diritto sociale perchè si tratta di tutelare, tramite l'assistenza dell'individuo malato, la sua convivenza con gli altri e la loro salute; è anche un diritto civile perchè ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e alla vita, garantite tramite l'assistenza sanitaria.
La legge 833 del 1978 ha istituito il Sistema Sanitario Nazionale, il quale prevedeva l'assistenza sanitaria gratuita per tutti i cittadini. Tale sistema consente di avere determinate prestazioni gratuite, mentre le altre sono a pagamento (parzialmente o integralmente).

In seguito, nel 1999 la legge in questione è stata rivista in senso federalista, poiché la gestione della sanità  è stata affidata alle regioni (con i dovuti mezzi finanziari). Allo stato rimaneva la competenza di coordinamento e generale.  Il ministero competente è tornato ad avere il compito di assicurare i controlli sanitari e di igiene nei luoghi di lavoro, compito che era stato assegnato alle USL.
Nel 2001, a seguito dei problemi di bilancio, con legge apposita, sono stati introdotti una serie di principi di razionalizzazione della spesa sanitaria, con una limitazione dei posti letto ospedalieri per numero di abitanti e una percentuale massima di spese farmaceutiche sulle spese totali della sanità. In particolare i farmaci sono o totalmente a carico o soggetti a ticket.

Art. 33:

L'articolo 33 richiama gli articoli 9 e 21 della Costituzione. In questo articolo, infatti, si sostengono l'arte e la scienza e la libertà del loro insegnamento. Tale libertà fa tutt'uno con la libertà che nel nostro ordinamento viene garantita dall'articolo 21 all'espressione del pensiero, la libertà di informare e di informarsi. Infatti, si vuole esaltare l'importanza del libero confronto tra tesi e teorie differenti (pluralismo ideologico), piuttosto che un approccio dogmatico, basato su una dottrina unica e univoca.  
Quello che si studia dai libri di scuola è una possibile versione ma non è detto che, con la dovuta cura esplicativa, non si possano trovare altre soluzioni e altre spiegazioni agli stessi problemi. Ogni studioso può insegnare quello che ritiene più opportuno, quindi.
Ovviamente, nella scuola pubblica i programmi delle lezioni sono ancorati a quanto viene predisposto dal Ministero. Le scuole pubbliche coprono tutti gli ordini e gradi dell'insegnamento.
Nelle scuole private gli insegnanti (in qualche caso) devono attenersi alle ideologie e alle tendenze di fondo della scuola per la quale lavorano. Comunque, lo stato consente di attivarsi per creare scuole private di ogni tipo. Tali scuole possono venire pareggiate alle scuole statali, ma ciò comporta degli oneri per le scuole stesse.
Infatti, una scuola paritaria deve attenersi alle leggi dello stato, affinchè gli alunni possano essere considerati sullo stesso piano degli alunni della scuola pubblica.
Ai livelli più alti della formazione viene riconosciuto il potere di darsi un ordinamento autonomo. Le università, le accademie e altri istituti hanno dei regolamenti che sono emanati autonomamente come autonomamente sono gestiti i mezzi finanziari a loro disposizione.

Il penultimo comma di questo articolo riguarda le complesse e farragginose modalità con cui nel nostro paese,  per molto tempo, si è passati ai gradi successivi degli studi e della professione. Molto spesso tali modalità sono servite a premiare il "merito"; molto più spesso sono servite solo a fermare il percorso già iniziato e quasi finito....

Art. 34:

L'istruzione deve essere un diritto per tutti. A tale fine il nostro paese garantisce a tutti la formazione di durata almeno decennale (la legge più recente in materia di istruzione ha prolungato di almeno due anni la formazione obbligatoria!). Poi, il proseguimento degli studi è reso possibile anche ai privi di mezzi con opportuni sostegni finanziari da parte dello stato. Il principio dell'uguaglianza sostanziale (art.3 e quindi art. 2 per quanto riguarda la solidarietà, per l'effettiva e concreta realizzazione dei principi) riemerge anche qui: chi è privo di mezzi ma ha voglia e capacità per proseguire gli studi (oltre gli anni considerati "obbligatori") viene sostenuto dallo stato con borse di studio e altre agevolazioni.

Del resto anche gli articoli del titolo successivo riprendono l'importanza dello studio superiore come elemento indispensabile per migliorare il lavoratore qualitativamente e professionalmente. Quindi lo studio è strettamente connesso con l'attività lavorativa e la crescita economica e sociale dell'individuo e del paese (articolo 35). 




1 commento:

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