mercoledì 26 settembre 2012

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Il Governo

Governo (artt.92-100)


Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 92), tra le personalità che godono di maggiore appoggio del Parlamento, e su proposta di questi nomina i Ministri”, art. 92 Cost.
Il governo si presenta alle Camere entro 10 giorni per ottenere la fiducia anche sul programma proposto.
Il Governo svolge la funzione esecutiva e amministrativa ma ha anche funzioni di indirizzo politico (programma) e funzioni legislative (artt. 76 e 77 Cost.).
Si tratta di un organo complesso, ovvero composto di più organi (il Presidente, i Ministri e il Consiglio dei Ministri).
Il governo svolge anche una funzione di controllo sull'attività della pubblica amministrazione.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri si trova in una posizione di supremazia nei confronti di Ministri, in quanto ne coordina e dirige l'attività.
Ogni Ministro ha funzioni politiche e amministrative.

....continua

Presidente della Repubblica

Presidente della Repubblica (artt. 83-91)


Viene eletto dal Parlamento (in seduta comune con 3 rappresentanti delle regioni ad eccezione della Valle d'Aosta, che ne ha solo uno).
Non è il Capo del Governo. Viene eletto con scrutinio segreto con voto favorevole dei due terzi dei membri delle camere, fino alla terza votazione. Per le successive delibere basta la maggioranza assoluta. 
 
Funzioni:
  1. tutore della Costituzione
  2. Garante dell'unità dello stato e Capo dello stato
  3. dura in carica 7 anni (art.85) e viene eletto tra i cittadini che hanno almeno 50 anni (art.84)
  4. nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri (e altri funzionari dello stato) (art. 92 Cost.) 
  5. convoca le Camere in via straordinaria
  6. indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione
  7. scioglie le camere anticipatamente (art. 88) e invia messaggi motivati alle camere
  8. è comandante delle forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa e il Consiglio Superiore della Magistratura
  9. promulga le leggi ed emana di decreti
  10. indice il referendum (art. 87)
  11. può concedere la grazia
  12. conferisce onorificenze
  13. ratifica i trattati internazionale 
  14. autorizza la presentazione dei disegni di legge del Governo alle Camere 


Non è perseguibile nello svolgimento delle sue funzioni ma può essere considerato, come accade per i Parlamentari, imputabile per reati penali anche se il mandato non è ancora terminato. Infatti, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la legge 140 del 2003 che sanciva l'immunità per tutte le alte cariche dello stato. Il Presidente della Repubblica compie, quindi, funzioni in qualità di organo monocratico (essendo in tal caso prevista la sottoscrizione di un ministro), oppure in quanto parte di un organo collegiale. In questa ultima situazione (es. Presidente del Comitato Supremo di Difesa) gli atti che vengono da lui sottoscritti non devono essere confermati da alcun ministro.

...continua

Gli articoli 87 e 88 della Costituzione, dopo aver indicato le funzioni generali di Capo dello Stato e di rappresentante dell'unità nazionale del Presidente della Repubblica, ne elencano i poteri senza dare ad essi un ordine logico o di importanza.
Il Capo dello Stato assume una posizione particolare in seno al sistema costituzionale, in virtù della quale è chiamato ad esercitare:

poteri di controllo: il Presidente della Repubblica può indurre alla riflessione gli organi astrattamente competenti a decidere in ordine ad una determinata materia, sia sulla legittimità costituzionale sia sull'opportunità politica degli atti da adottare;
poteri di garanzia: è compito del Presidente della Repubblica vigilare affinchè determinati organi (Consiglio Superiore della Magistratura, Consiglio Supremo di Difesa), al vertice dei quali egli è posto, non operino al di là dei propri limiti istituzionali. Gli atti del Presidente della Repubblica non prevedono la controfirma ministeriale (in questi casi);

poteri di prerogativa: conferire onorificenze, concedere grazie...

poteri di influenza: come nel caso di invio di messaggi alle Camere, che si concretano in atti con solo valore politico;

poteri di intermediazione politica, che collocano il Presidente della Repubblica al centro delle vicende politico-costituzionali dello Stato; si pensi al potere di scioglimento anticipato delle Camere e di nomina del Presidente del Consiglio;

poteri di copertura degli organi costituzionali, che sono attribuiti al Capo dello Stato per consentire il corretto funzionamento degli stessi: nomina dei cinque senatori a vita e di cinque giudici della Corte Costituzionale.
Poteri vincolati, discrezionali, autonomi
La prima classificazione dei poteri del Presidente della Repubblica può essere fondata sulla natura del potere esercitato, in base alla quale si distinguono poteri vincolati, poteri discrezionali e poteri autonomi:
poteri vincolati: sono quelli conferiti al Capo dello Stato quale organo in grado di fornire la massima garanzia rispetto all'adempimento dei doveri imposti dalla Costituzione.
Esempio: indire elezioni, fissare la data della prima riunione delle nuove Camere; indire referendum;

poteri discrezionali: il Presidente della Repubblica può autonomamente decidere su determinati atti, per i quali i Ministri hanno solo funzione di controllo.
Esempio: rinvio al Parlamento di una legge; promulgazione delle leggi;

poteri autonomi: quelli esercitati come organo di vertice di un determinato collegio (Consiglio supremo di Difesa); anche in questo caso gli atti non necessitano della controfirma ministeriale.



venerdì 4 maggio 2012

PERSONA GIURIDICA


CLASSI PRIME

Persone giuridiche, associazioni e fondazioni

PERSONA GIURIDICA
 

Accanto alle persone fisiche, il nostro ordinamento riconosce qualità di soggetti di diritto anche alle organizzazioni collettive.
Esse di conseguenza sono centri autonomi di imputazione di situazioni giuridiche soggettive e sono dotate di capacità giuridica e di agire.
Tra le organizzazioni collettive distinguiamo le persone giuridiche dagli enti non riconosciuti. Nel nostro ordinamento anche gli enti non riconosciuti sono dotati di una “certa” autonomia patrimoniale. L'autonomia patrimoniale in caso di enti dotati di personalità giuridica è detta “perfetta”. Ciò implica che il patrimonio dell'ente collettivo è distinto dal patrimonio delle singole persone che vi appartengono.
Per le associazioni non riconosciute vale un'autonomia patrimoniale imperfetta, sulla cui base esiste una certa autonomia o separazione tra patrimonio dell'ente e del socio. Tuttavia gli amministratori, ovvero coloro che agiscono in nome e per conto dell'associazione, possono essere chiamati a rispondere delle obbligazioni che essi stessi hanno fatto sorgere in capo all'associazione. Recentemente anche la disciplina dell'accettazione di eredità e donazioni è mutata (a favore delle associazioni non riconosciute nel 2000, legge 192).

Tornando agli enti collettivi, si tratta di organizzazioni che posseggono:
a. elemento materiale: patrimonio
b. elemento personale: membri
c. scopo comune
d. riconoscimento che conferisce la personalità giuridica

La personalità giuridica viene attribuita con un particolare riconoscimento da parte dell'ordinamento giuridico. Ovvero: ai sensi del DPR 361 del 2000 la personalità giuridica si ottiene in seguito all'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, presso la prefettura. Se, poi, l'associazione o la fondazione avessero una portata limitata al territorio della regione allora (anche in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione) vengono iscritte in un registro che ha portata solo regionale.
L'atto costitutivo e lo statuto devono essere costituiti in forma di atto pubblico. Essi contengono: denominazione dell'ente, indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, norme sull'ordinamento e sull'amministrazione.
Per ottenere il riconoscimento di solito è fondamentale che vi siano scopo e patrimonio adatti.

CLASSIFICAZIONE DELLE PERSONE GIURIDICHE


Sono persone giuridiche le società di capitali iscritte (hanno solitamente scopo di lucro e esercitano un'impresa), le associazioni e le fondazioni. Sono persone giuridiche anche lo Stato e gli enti pubblici. 


ASSOCIAZIONI


Gruppi di persone riunite per il conseguimento di un loro scopo (culturale, sportivo, politico ..) In esse prevale l'elemento personale e lo scopo, oltre a non essere di lucro, è dettato dai membri che vi appartengono e di solito è uno scopo che deve apportare ad essi beneficio.


FONDAZIONI


Enti destinati dal fondatore alla realizzazione di uno scopo di pubblica utilità (assistenziale, culturale).
In esse prevale l'elemento patrimoniale che è anche elemento costitutivo dell'organizzazione. Lo scopo della fondazione è esterno; di solito si tratta di curare interessi di terzi (a vantaggio di soggetti che sono diversi da chi gestisce e da chi ha creato e finanziato la fondazione).
Anche la volontà non dipende dagli aderenti ma è dettata dall'esterno (volontà del fondatore). 

Le associazioni come le fondazioni sono dotate di organi (per le prime sono gli amministratori, l'assemblea dei soci, i singoli soci; per le seconde il consiglio di amministrazione come previsto dallo statuto e dal fondatore).
Le principali differenze tra associazioni e fondazioni riguardano: 

a. nelle associazioni prevale l'elemento personale; nelle fondazioni prevale l'elemento patrimoniale; 
b. lo scopo delle associazioni è definito dall'interno, ovvero dai soci e per i soci; nelle fondazioni lo scopo ha effetti verso terzi e, quindi, è esterno rispetto a chi appartiene alla fondazione; 
c. nelle associazioni la volontà è interna; nelle fondazioni è esterna, perchè determinata dal fondatore; 
d. il controllo sulle associazioni viene esercitato dai soci e dalla loro assemblea; nella fondazione il controllo spetta al prefetto.      

lunedì 16 aprile 2012

COSTITUZIONE: I RAPPORTI ECONOMICI


CLASSI SECONDE

COSTITUZIONE ITALIANA


file multimediale: http://youtu.be/MOI9PCKvFWU

Parte I

Titolo III


Rapporti economici (35-47)


Il titolo terzo ci consente di avere chiara la visione e la posizione costituzionale in materia di lavoro e lavoratori.

Attraverso il lavoro si intende:

a. promuovere lo sviluppo della società
b. realizzare l'individuo

Possiamo suddividere i contenuti di questo titolo come segue:


  1. 35-40: nella prima parte di questo titolo si dettano gli articoli che sono più vicini alla NORMATIVA A FAVORE DEL LAVORO E DEL LAVORATORE
QUESTI ARTICOLI SONO LA BASE DELLA SUCCESSIVA LEGISLAZIONE SOCIALE (in particolare ricordiamo lo statuto dei lavoratori, legge n. 300 del 1970). 
(DURATA DELLA GIORNATA LAVORATIVA, FERIE, LICENZIAMENTO, PRIVACY, LEGGE N. 300 DEL 1970).

L'articolo 37 della Costituzione sancisce i diritti della donna lavoratrice e la sua funzione e protezione all'interno della famiglia. Questo articolo, però,  richiama indirettamente l'articolo 34. Infatti, la riserva di legge, prensente nel secondo comma dell'art. 37, comporta che il legislatore deve individuare l'età a partire dalla quale il giovane può iniziare a lavorare.
L'art. 37 della Costituzione prevede che sia la legge a stabilire il limite minimo di età per il lavoro salariato e tale limite è stato disciplinato dall'art. 3 della L. n. 977/1967, modificato dall'art. 5 del D.Lgs n. 345/1999: "l'età minima di ammissione al lavoro è fissata al momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e, comunque, non inferiore ai 15 anni compiuti". Vige quindi il principio in virtù del quale l'età minima di ammissione al lavoro non può essere inferiore all'età in cui cessa l'obbligo scolastico. E' proprio questo il principio che è stato espresso dalla Legge Finanziaria 2007 ( 296/2006), in particolare, ove si afferma che l'innalzamento dell'obbligo di istruzione ad almeno 10 anni determina quale "conseguenza" l'aumento da 15 a 16 anni dell'età per l'accesso al lavoro.
Premesso quanto sopra, poiché la stessa legge fa espressamente decorrere l'innalzamento dell'obbligo di istruzione a far data "dall'anno scolastico 2007/2008", dal 1° settembre 2007 decorre anche l'innalzamento a 16 anni dell'età di ingresso al lavoro per i minori.

  1. NELLA SECONDA PARTE DEL TITOLO III (ART. 41-47) VENGONO TRATTATI DIRITTI CHE DELINEANO IL CARATTERE SOCIALE DELLA NOSTRA REPUBBLICA.

L'ITALIA NON E' UNO STATO LIBERALE O LIBERISTA, MA NEMMENO COMUNISTA.
LA PROPRIETA' E' VISTA COME UN DIRITTO PER I CITTADINI, MA DI ESSA E DELLA LIBERTA' DI IMPRESA CHE VENGONO GARANTITE, IL CITTADINO DEVE FARE USO NEI LIMITI DELL'INTERESSE DELLA COLLETTIVITA' (artt. 41 e 42).

Il titolo terzo della prima parte della Costituzione contiene disposizioni fondamentali in materia di rapporti di lavoro e di regime giuridico della proprietà.
Tali disposizioni rispecchiano la formazione politica dell'Assemblea Costituente e originano una concezione dell'economia mista. I principi su cui si basavano gli articoli di questo titolo sono parzialmente in contraddizione. Infatti, pur riconoscendo la proprietà privata (art. 42) e l'iniziativa imprenditoriale (art. 41), si considera l'importanza della solidarietà sociale e della funzione sociale della proprietà.

Tali principi sono sanciti sia dall'articolo 41, in riferimento alla libertà di iniziativa economica, sia dall'articolo 42, per quanto concerne il godimento del diritto di proprietà, che (come accade nel codice civile) trova limitazioni nella legge dello stato.


Art. 35

Il lavoro è l'elemento che viene riconosciuto quale fonte di riconoscimento e di dignità dell'uomo nel nostro ordinamento, sin dall'articolo 1 (dignità e peso sociale sono basati sulla capacità professionale piuttosto che sulla classe di appartenenza). Come stabilisce l'articolo 4 della Costituzione, il cittadino ha il diritto/dovere di prestare lavoro (anche per contribuire alla spesa pubblica, che come abbiamo visto garantisce l'uguaglianza sostanziale).
Il nostro stato dovrebbe garantire la piena occupazione e, inoltre, garantire uguale tutela e dignità a tutti i lavoratori, sia pubblici, sia privati, sia dipendenti, sia autonomi.
La Repubblica per tutelare il lavoro usa la formazione (quella professionale, in particolare) e, con la cooperazione internazionale ed europea, promuove il lavoro italiano (e straniero) in Italia e all'estero.
In particolare questo articolo menziona la tutela dell'emigrante.
I fenomeni migratori e immigratori (più recentemente) hanno portato il legislatore ad elaborare sempre di più la normativa in materia di permessi di soggiorno e di movimento e spostamento delle persone (sia dei cittadini comunitari, che possono soggiornare anche per motivi diversi dalla prestazione di lavoro, sia dei cittadini extracomunitari, i quali se in possesso del permesso di soggiorno possono soggiornare e cercare lavoro). 
Questi soggetti (anche se indirettamente) insieme ai minori di età e ai diversamente abili vengono tutelati anche nell'articolo 37, che riconosce il diritto ad uguale retribuzione a parità di lavoro dei minori, e 38, che riconosce il diritto al lavoro e alla formazione dei diversamente abili (legge n. 68 del 1999, quote di collocamento obbligatorio: in base a tale legge le imprese che hanno un certo numero di dipendenti sono tenute a redigere un piano di collocamento e a destinare alcuni posti agli appartenenti alle categorie protette). 
(Accanto alla tutela del lavoratore e del lavoro si devono tutelare la retribuzione (art. 36), il lavoro femminile (art. 37), gli invalidi e gli anziani (art. 38 e sistema previdenziale), lo sciopero (art. 40) e i sindacati (art. 39). Lo statuto dei lavoratori riconosce la tutela del lavoratore e della lavoratrice, il diritto ad una retribuzione appropriata, aderendo e rendendo concreti i principi degli articoli di questo titolo della Costituzione.) 



file multimediale: http://youtu.be/IjNCMn_dRKU
 

Art. 36

L'articolo riguarda i diritti dei lavoratori come, per esempio, il diritto alle vacanze pagate e al riposo settimanale o anche il diritto alla giusta retribuzione, che tiene conto del lavoro svolto e della necessità di garantire un certo livello di dignità e benessere alla famiglia del lavoratore (vedi gli assegni di famiglia).
Il decreto legislativo n. 66 del 2003 ha recepito in tal senso una direttiva comunitaria per quanto riguarda:
  • numero di ore di lavoro settimanali: 40 max;
  • 48 ore in caso di straordinari;
  • pausa se previste più di 6 ore al giorno;
  • 24 ore di riposo entro 7 giorni lavorativi;
  • ferie annuali: 4 settimane.
Il decreto in questione disciplina in modo concreto gli orari lavorativi e i periodi di riposo del lavoratore, che devono garantire la salute e la sicurezza del lavoratore stesso.






Art. 37

Garantisce alle donne lavoratrici una tutela speciale per consentire la contemporanea figura di lavoratrice e di madre (RIFORMA FORNERO: ASSEGNO in luogo di PERMESSO PARENTALE). Nel 2006 è stato approvato il codice delle pari opportunità, di cui si tratta più avanti.
Lo statuto dei lavoratori, Legge 300 del 1970, era già in grado di garantire una "certa" tutela alla donna lavoratrice; poi altre norme nel 1977 e nel 1991 hanno introdotto gli assegni di famiglia a favore anche delle madri, il periodo di “puerperio” e l'onere della prova per il datore di lavoro.
 

Lo statuto dei lavoratori garantiva la libertà sindacale e la dignità al lavoratore, introducendo un diretto riferimento alla tutela della salute del lavoratore e alla tutela del suo posto di lavoro. In tal senso si trattava di tutelare anche la donna lavoratrice (tuttavia solo norme successive hanno innovato la nostra legislazione in modo più esplicito).
In altre parole, sulla scia dell'articolo della Costituzione, la donna lavoratrice ha diritto a mantenere il posto di lavoro anche durante la maternità e oltre. Sono riconosciuti da tre a quattro mesi di assenza dal lavoro dopo il parto (2 mesi prima del parto), alle madri che vogliono curarsi del proprio figlio (periodo di puerperio). Ciò vale anche per il padre che debba sostituire la madre per vari motivi. Gli assegni di famiglia vengono riconosciuti (dall'Inps) alla madre lavoratrice. 
Il codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. n. 198 del 2006) riconosce a tutte le donne uguale trattamento anche in fase di assunzione della donna lavoratrice (onere della prova invertito).
Lo stesso vale per le regole di ascesa gerarchica e per gli scatti di carriera che dovrebbero essere uguali per uomo e donna. Si garantisce la possibilità alla donna di formarsi e di poter lavorare ottenendo collaborazione del marito anche nel lavoro domestico, o, comunque, con orari lavorativi flessibili e compatibili con le responsabilità familiari.
La legge costituzionale del 2003 (legge Cost. n.1 2003)  ha introdotto un ulteriore periodo al primo comma nell'articolo 51 della Costituzione: “A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne.”.
Tutela viene garantita anche al minore, sia dal punto di vista retributivo che dal punto di vista della preparazione professionale. In attuazione dell'art. 37 (abbiamo visto), il minore deve studiare almeno fino ai 16 anni, anche se vengono garantiti dalla Cost. minimo 8 anni di scuola dell'obbligo (art. 34). La norma giuridica fondamentale è stata citata sopra. 
Nel 2003 è stata data attuazione ad una direttiva CE (d.lgs. 215 del 2003), riguardante la prevenzione delle discriminazioni sul posto di lavoro, per quanto riguarda il sesso, le condizioni personali del lavoratore, l'età, l'esistenza di eventuali handicap...



 
Art. 38

Si fa riferimento alla previdenza, quindi, al sistema di assicurazioni sociali e pubbliche che devono garantire a tutti i lavoratori e ai cittadini inabili al lavoro i mezzi necessari al loro mantenimento e alle esigenze di vita. In particolare i lavoratori devono essere assicurati per il caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria.
Gli istituti e gli organi che si prendono cura dei bisogni di questi soggetti sono predisposti e integrati dallo Stato. Accanto alla tutela pubblica e obbligatoria vi è anche una possibile tutela privata, garantita da eventuali assicurazioni private.
L'Inps e l'Inail sono due istituzioni pubbliche che si occupano di assicurare i cittadini e tutti coloro che lavorano nel nostro paese. L'Inps in particolare si occupa della vecchiaia, dell'invalidità e della disoccupazione. Al contrario l'Inail si occupa di infortunio e malattia. Tutti i lavoratori partecipano al sistema previdenziale obbligatorio versando i contributi, insieme ai datori di lavoro.
L'Inail si occupa non solo di riabilitare gli infortunati e risarcire gli invalidi; questo istituto si occupa anche della prevenzione e della sicurezza sul posto di lavoro. 

Gli articoli 32 e 38 sono tra loro legati, in quanto il primo si riferisce al sistema di sicurezza come il secondo.

Il sistema di sicurezza sociale, infatti, si compone di sistema di previdenza e di assistenza sociale (comprensivi del sistema sanitario, ovviamente).

Come previsto dall'articolo 2 della Cost., il cittadino in difficoltà ha diritto ad un aiuto concreto, grazie alla solidarietà economica. La difficoltà, cui si fa riferimento, può essere propria del lavoratore, ovvero di colui che, fino ad un dato momento ha avuto le capacità di sostenersi autonomamente, e allora si parla di sistema di previdenza

Alternativamente, si può trattare di una difficoltà generale del soggetto, il quale può essere inabile o minorato. In questi casi, si parla di assistenza sociale, tenendo presente l'attività di inserimento nella realtà lavorativa anche di questi soggetti.
La formazione dovrebbe servire a ridurre il numero di persone che hanno bisogno effettivo di assistenza sociale.

Le assicurazioni obbligatorie, quali Inps e Inail, coprono il sistema di previdenza sociale e sono, quindi, assicurazioni contro la disoccupazione, l'infortunio, la vecchiaia....

Invece, il sistema sanitario, le assicurazioni obbligatorie e le associazioni di volontariato coprono, poi, il sistema di assistenza sociale. In particolare, le associazioni di volontariato rispondono al criterio di sussidiarietà orizzontale, previsto dall'articolo 118 della Cost. (ultimo comma).
Si dovrebbe trattare di associazioni private che svolgono un servizio a favore di soggetti più deboli, quali: i malati, gli anziani, i fanciulli, i lavoratori dipendenti (si pensi ai patronati, COME INAS).



Art. 39

I sindacati sono associazioni, ovvero enti collettivi che svolgono dei servizi a favore dei loro membri, per tutelarne gli interessi professionali. Ma non solo. Come è stato messo in evidenza anche dalla stessa giurisprudenza, successivamente all'entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori, i sindacati tutelano non solo gli appartenenti (iscritti) al sindacato, ma tutti gli appartenenti ad una data categoria. Infatti, i sindacati sono tanto più importanti quanto maggiore è il loro numero di iscritti. I contratti collettivi che vengono concordati tra le varie associazioni (lavoratori e datori di lavoro) si applicano all'intera categoria.
Vi sono sindacati dei lavoratori (Cisl, Uil, Cgil) e sindacati dei lavoratori autonomi (Confartigianato) e dei datori di lavoro. La Costituzione garantisce a tutti la possibilità di aderire e di creare sindacati, anche a tutela della stessa categoria di lavoratori.
E' garantito il diritto di esercitare i diritti sindacali all'interno dei luoghi di lavoro (purchè non si arrechi danno al datore di lavoro). Essi dovrebbero essere iscritti (come tutte le associazioni, la personalità giuridica viene conseguita con la registrazione dell'associazione stessa nel registro, presso la Prefettura). Ma tale iscrizione comporterebbe un “controllo” da parte dell'autorità governativa. Pertanto i sindacati, ad oggi, non sono iscritti. La loro attività di contrattazione collettiva, comunque, si estende, per determinati aspetti, a tutti i componenti della categoria.
In tal modo, pur non sussistendo le premesse determinate dalla Costituzione (iscrizione), i contratti collettivi hanno efficacia su tutti gli appartenenti al sindacato e a tutta la categoria. C'è anche chi li considera delle vere e proprie fonti di diritto.
In questo articolo si tutela, quindi, la libertà di associazione (art. 18), la libertà di esercitare i diritti sindacali, la libertà dall'ingerenza statale. 
Nel tempo si sono andate diffondendo le RSA e le RSU. Nel primo caso, si trattava di rappresentanze sindacali saldamente limitate ai rappresentanti degli iscritti e non partecipanti alla contrattazione. Nel secondo caso, si tratta, invece, di rappresentanti di tutta la categoria, includendo anche i non iscritti al sindacato e includendo una attiva partecipazione alla contrattazione collettiva. 


 

Art. 40

 
Il diritto di sciopero viene garantito come strumento per l'esercizio dei diritti derivanti dalla partecipazione ai sindacati. Si tratta di tutelare un interesse professionale collettivo. Quindi, lo sciopero è garantito da un diritto soggettivo collettivo. I presupposti affinchè non diventi illegittimo: si deve trattare di un'astensione volontaria e collettiva e deve essere proclamata da un'organizzazione sindacale.  
L'astensione dal lavoro di una o più categorie di lavoratori per difendere i diritti citati può però causare danni alla popolazione. Per tutelare la collettività da scioperi incontrollati e indiscriminati, la Costituzione prevede dei limiti di legge al diritto di sciopero.
Le leggi che hanno circoscritto lo sciopero per garantire i servizi pubblici (e non solo) essenziali (ovvero servizi di pubblica utilità) sono la n.146 del 1990 e la n. 83 del 2000.
Grazie a tali norme, è necessario garantire un “quantitativo minimo” di prestazione in determinati settori (sanità, tutela dell'ordine pubblico, istruzione...). Ciò riguarda il settore pubblico e anche i privati.
La precettazione consiste nell'intervento del Prefetto a garanzia del rispetto delle norme riguardanti i servizi pubblici essenziali. E' necessario avvisare per tempo il datore di lavoro e le istituzioni (10 giorni prima; le istituzioni in questo caso sono date o dal prefetto o dal Presidente del consiglio dei ministri...) e gli utenti (5 giorni prima). In caso di scioperi protratti ad oltranza interviene l'autorità per dirimere la problematica unitamente alla Commissione di garanzia sciopero, le quali devono essere prontamente avvertite. Se non vengono rispettati i termini della legge viene applicata una sanzione pecuniaria. 

Art. 41 e 42
L'art. 41 riguarda l'iniziativa economica privata: chi detiene ricchezze (la proprietà privata è garantita insieme alla proprietà pubblica dall'art. 42) può utilizzarle per realizzare attività economiche che non devono essere in contrasto con l'utilità sociale. Quindi, tali attività sicuramente non devono fare venir meno la libertà, la sicurezza e la dignità umane. Il legislatore deve cercare di garantire la libertà di iniziativa economica pubblica e privata, individuando dei modi per indirizzarla e condizionarla.

Nell'articolo 42 si prevede, poi, come nel codice civile, l'eventualità di una espropriazione, previo indennizzo della proprietà, per coloro che non ne garantiscono la funzione sociale... (continua in un'altro post).

mercoledì 11 aprile 2012

SOGGETTI DEL DIRITTO

SOGGETTI DEL DIRITTO




Evoluzione dei soggetti del diritto e della soggettività giuridica

Diritto romano: non tutti erano soggetti di diritto. Oggi, nella generalità, degli ordinamenti giuridici, sono considerati soggetti di diritto non solo tutte le persone fisiche ma anche gli enti collettivi (società, associazioni).

Quindi, sono considerati soggetti dell'attività giuridica:
  • le persone fisiche
  • le persone giuridiche
  • gli enti di fatto

Persone (in senso giuridico): sono soggetti giuridici, quindi, centri unitari di imputazione di situazioni giuridiche.
Enti di fatto sono organizzazioni collettive a cui non è stato concesso alcun riconoscimento.

Persona fisica:

La Costituzione sancisce due principi fondamentali in materia di persona fisica:

1. ogni essere umano, solo perchè persona fisica, è considerato soggetto di diritto (art. 2 Cost.)
2. tali soggetti (o persone fisiche) hanno tutti uguale grado di soggettività giuridica (art. 3)

In tal modo, si ripudiano le discriminazioni delle precedenti epoche storiche.
In passato la soggettività giuridica era riconosciuta solo a determinate persone fisiche (per esempio: per privilegio ad alcuni soggetti, come nobili ed ecclesiastici, o era limitata per motivi politici e religiosi).

L'articolo 3 della Costituzione sancisce l'uguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini (cittadini sono tutti gli uomini, perché così è specificato nell'articolo 2 della Costituzione che individua diritti inviolabili e doveri di solidarietà politica economica e sociale di tutti gli uomini).

CAPACITA' GIURIDICA (aspetto statico della soggettività)

Poiché l'uomo è soggetto di diritto è titolare di diritti e doveri giuridici; pertanto, egli possiede la capacità giuridica. Essa è l'attitudine/idoneità ad essere titolari di diritti e di doveri.
La capacità giuridica appartiene a tutte le persone fisiche e giuridiche e non  può essere oggetto di rinuncia. Non è possibile rinunciare ai propri diritti (soprattutto se diritti della personalità e diritti di libertà fondamentali dell'uomo, si parla anche di giusnaturalismo). Il legislatore rimuove le disuguaglianze di fatto per la realizzazione del principio di uguaglianza sostanziale (art. 3).
La Costituzione stabilisce che nessuno può essere privato della capacità giuridica per motivi politici (art. 22 Cost., che riporta anche la cittadinanza ed il nome)

La capacità giuridica si acquisisce al momento della nascita (art. 1, titolo I, C.C.) e si perde con la morte.
L'ordinamento riconosce al nascituro la titolarità di diritti.

Art. 462 c.c.: “possono succedere tutti coloro che sono nati e concepiti al tempo dell'apertura della successione”. Bisogna sottolineare che il nascituro consegue effettivamente i diritti di successione solo dopo essere nato (quindi, il diritto è subordinato alla nascita). Inoltre, per testamento, possono essere destinatari dell'eredità anche individui che ancora non sono nemmeno concepiti. Chi è titolare del diritto può anche compiere gli atti necessari a tutelare il patrimonio del defunto. Il minore può accettare l'eredità con beneficio di inventario per tramite del tutore e del giudice tutelare.
Esiste, poi, anche il diritto a nascere sano. Si ricorda, tuttavia, che in Italia esiste la legge sull'aborto: entro i primi tre mesi è possibile interrompere la gravidanza, tanto più se ci sono dei pericoli per la madre.

CAPACITA' DI AGIRE (aspetto dinamico della soggettività)

Attitudine di un soggetto ad acquisire ed esercitare diritti e ad assumere obblighi.

Idoneità a compiere atti giuridici validi.

In altre parole consiste nella capacità di modificare la situazione statica definita attraverso la capacità giuridica (aspetto passivo o statico della soggettività).
Tale capacità viene acquisita con la maggiore età (18 anni)  presupponendosi che solo da tale momento l'individuo può curare i suoi interessi e valutare gli effetti degli atti che compie.
Per alcuni atti la legge richiede un'età diversa.

Es: riconoscimento del figlio naturale (16 anni)
Il minore di 16 anni può essere emancipato a seguito del matrimonio
L'età per prestare lavoro è stata innalzata a 16 anni in conseguenza della legge 296 del 2006 che stabilisce la durata decennale dell'istruzione obbligatoria (art. 34 Cost.).
Gli atti giuridici: producono conseguenze previste dalla legge.
Esempi: contratto: risarcimento del danno
voto: elezioni
dichiarazioni: confessione conseguenze di legge...

Per avere la capacità di agire è necessario avere esperienze di vita; per questo si acquisisce a 18 anni...
Si deve anche tenere conto che rispondo personalmente: a partire da 14 anni per il diritto penale; il carcere minorile è previsto dai 16 anni.
La capacità di agire è legata alla capacità di previsione del futuro e alla capacità di riflettere sulle conseguenze di quanto si fa.
E' possibile stipulare contratti di lavoro per i calciatori dai 14 ai 16 anni …. anche ai minori sono riconosciuti i diritti che derivano dalle opere dell'ingegno.


PROBLEMATICHE RELATIVE ALLA INCERTEZZA DELL'ESISTENZA IN VITA (E QUINDI DELLA CAPACITA' GIURIDICA)

Scomparsa: situazione di fatto che produce conseguenze giuridiche.

a. non può acquisire diritti né eredità
b. nomina del curatore

Assenza: situazione di diritto; dopo due anni dalla scomparsa su ricorso dei successori legittimi e di chi ha diritti sui beni per effetto della morte può essere dichiarata con sentenza del giudice.

Comporta:
apertura del testamento
immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente: in base al possesso temporaneo l'erede può amministrare i beni che restano di proprietà dell'assente
non comporta scioglimento del matrimonio; comunque il coniuge potrebbe ricontrarre matrimonio

Morte presunta: dopo dieci anni dalla scomparsa viene dichiarato con sentenza del Tribunale su ricorso degli eredi presunti o di chi crede di avere diritti sui suoi beni in dipendenza della morte.
La dichiarazione può essere richiesta anche dal Pubblico Ministero.
Ha effetti simili a quelli prodotti da morte accertata: gli effetti non si limitano ai diritti patrimoniali ma si estendono anche ai diritti personali.
I diritti personali si estinguono, non esiste più la capacità giuridica.
La successione ereditaria viene aperta definitivamente
Per chi ha avuto immissione nel possesso tale immissione è definitiva (con titolarità del diritto corrispondente)

PROBLEMATICHE INSITE NELLA CAPACITA' DI AGIRE



MINORE ETA'

La minore età implica l'incapacità di agire, ovvero l'assenza di attitudine a trasformare le situazioni giuridiche di cui si è titolari.
Non possono essere compiuti atti di natura negoziale, se non per mezzo del proprio rappresentante legale (genitori, tutore).
Si possono compiere, però, atti giuridici in senso stretto per acquisire o conservare un diritto (esempio: prelevare una somma dal conto corrente, pagare una somma di denaro per avere la consegna della merce...).
Il negozio giuridico concluso dal minore è annullabile a meno che il minore non abbia occultato la sua età (art. 1426 c.c.).
I negozi conclusi da minore per la vita quotidiana, che si presumono a lui utili, possono essere conclusi validamente (perchè si presume anche che egli operi in rappresentanza dei genitori).

INCAPACITA' ASSOLUTA: viene ricompreso anche il minore.




INTERDIZIONE GIUDIZIALE

Misura a cui si ricorre quando un soggetto è affetto da GRAVE E ABITUALE infermità di mente, tale da essere impossibilitato a provvedere ai suoi interessi.
Può essere chiesto al tribunale con ricorso del coniuge, del convivente, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo, dal pubblico ministero.
L'interdizione riguarda atti patrimoniali e familiari. Il giudice tutelare nomina, di conseguenza, un TUTORE. Gli atti che compie l'interdetto sono annullabili su richiesta del tutore, dell'interdetto o dei suoi eredi (art. 427 c.c.). 

INTERDIZIONE LEGALE

Si applica nei confronti di coloro che sono condannati all'ergastolo o alla reclusione per un tempo non inferiore ai 5 anni (art. 32 c.p.)
E' legale perchè opera senza intervento del giudice.  E' una sanzione prevista contro il soggetto che ha commesso reato molto grave. L'incapacità concerne tutti gli atti di natura patrimoniale, ma non si estende agli atti aventi carattere personale o familiare.
L'interdetto legale può fare anche testamento. Non verranno annullati gli atti da lui compiuti per tutelare il suo interesse, bensì per tutelare l'interesse di altri.
Si parla di annullabilità assoluta perchè può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse.

INCAPACITA' NATURALE

"Stato di fatto in cui viene a trovarsi un soggetto solitamente capace (nel momento in cui compie un atto) e caratterizzato da “vizio di mente” anche se improvviso e temporaneo, ma, comunque, di gravità tale da togliere la capacità di intendere e di volere e da impedire una valutazione seria dei propri atti (art. 428)".
Insomma la persona in questione è provvisoriamente incapace di intendere e di volere.
Annullamento: si prescrive in cinque anni l'azione di annullamento.
In base al principio della tutela dell'affidamento, però, il legislatore ha previsto una distinzione tra:
a. atti unilaterali: sono annullabili se gravemente pregiudizievoli per l'autore; gli atti unilaterali sono atti con i quali il soggetto di diritto dispone della sua libertà e del suo patrimonio (per esempio: promessa al pubblico: decido di premiare chi mi ritrova in cane che si è smarrito; ricognizione del debito: il debitore riconosce il debito....).
b. contratti: possono essere annullabili se la controparte si poteva rendere conto dello stato della controparte (incapacità di intendere e di volere) e ne ha approfittato.
c. per altri atti (matrimonio, testamento, donazione) basta la dimostrazione dell'incapacità per esperire l'azione di annullamento.

Incapacità legale opera di diritto e quindi il giudice non deve avere la prova dell'incapacità stessa.
Incapacità naturale: si deve fornire la prova che chi ha stipulato il contratto in quel momento non era in grado di intendere e di volere

INCAPACITA' RELATIVA




Emancipato: il minore prima del 18simo compleanno può contrarre matrimonio anche se ha 16 anni (art. 390 c.c.). Egli deve venire autorizzato dal giudice al matrimonio e, pertanto, viene anche emancipato (sempre che sia sufficientemente sviluppato psico-fisicamente e che sussistano gravi motivi). Viene concessa per poter compiere tutti gli atti necessari al mantenimento del figlio....Oggi è più raro che venga concessa l'emancipazione, poiché si pensa che quando i ragazzi diventeranno maggiorenni si potranno, eventualmente, sposare.
Si può essere emancipati anche per portare avanti l'azienda di famiglia in caso di improvvisa morte dei genitori.

Inabilitazione: può incorrervi
1. chi è affetto da malattia di mente non tale da determinare interdizione
2. chi è eccessivamente affetto da prodigalità
3. soggetti che abusano di alcolici e stupefacenti
    4. soggetti affetti da imperfezioni o menomazioni fisiche che non abbiano avuto un'adeguata formazione per acquisire una certa autonomia (415 c.c)
    5. i ludopatici o gli affetti da altre dipendenze (shopping o tecnologie).

IN QUESTI CASI VIENE NOMINATO UN CURATORE.

Gli incapaci vengono inseriti nel registro dello stato civile. I terzi con cui vengono in contatto possono venire messi al corrente del loro stato tramite tale registro. Pertanto, per annullare l'atto non è necessario provare l'incapacità di intendere e di volere. Altra situazione, come visto sopra, si presenta in presenza di incapacità naturale (momentanea). 

GLI INTERDETTI NON POSSONO COMPIERE ATTI NE' DI ORDINARIA NE' DI STRAORDINARIA AMMINISTRAZIONE.
GLI INABILITATI POSSONO COMPIERE ATTI DI ORDINARIA AMMINISTRAZIONE.

ATTI DI STRAORDINARIA AMMINISTRAZIONE: SI TRATTA DI ATTI CHE MODIFICANO LA CONSISTENZA O LA STRUTTURA DEL PATRIMONIO IN MODO SIGNIFICATIVO. ES: ACCETTAZIONE DI EREDITA', VENDITA DI BUONA PARTE DEI BENI IMMOBILI CHE COSTITUISCONO IL PATRIMONIO....ECC....

ATTI DI ORDINARIA AMMINISTRAZIONE: SI TRATTA DI ATTI CHE TENDONO A MANTENERE INTATTO IL PATRIMONIO O LO MODIFICANO IN MANIERA NON SOSTANZIALE.

AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO: E' PENSATA PER CHI HA PROBLEMI DI CAPACITA' DI INTENDERE E DI VOLERE MA NON COSI' SERI DA RICADERE NEI DUE ISTITUTI PRECEDENTI. SI TRATTA DI UNA NORMATIVA CHE TUTELA ANCHE CHI NON HA FAMILIARI CHE POSSANo AGIRE IN SUA DIFESA (ASSISTENTI SOCIALI). LA NORMA PERMETTE DI ADEGUARE LA SITUAZIONE ALLE REALI DIFFICOLTA' COGNITIVE DEL SOGGETTO SENZA GRAVARE TROPPO SUL PATRIMONIO FAMILIARE.

lunedì 26 marzo 2012

COSTITUZIONE: RAPPORTI ETICO-SOCIALI

CLASSI SECONDE

COSTITUZIONE ITALIANA 

Parte I

Titolo II:
rapporti etico-sociali

Il passaggio dallo stato liberale allo stato sociale segna il cambiamento e l'ampliamento dei compiti delle istituzioni statali in relazione alle diverse esigenze emergenti nella società.
L'industrializzazione, l'allargamento della base sociale del proletariato urbano hanno comportato la necessità di una politica di intervento e di sostegno a tutela dei soggetti economicamente e socialmente più deboli.
Accanto ai diritti politici e di libertà la Costituzione affianca i diritti sociali. Essi comportano l'interesse del cittadino ad ottenere determinate prestazioni dell'amministrazione statale (servizi pubblici, servizi di assistenza sociale, ecc..). Tali prestazioni e i corrispondenti servizi devono soddisfare i bisogni umani vitali e consentire il miglioramento della qualità della vita (art. 3).
Al fine di garantire lo sviluppo della persona umana, la Costituzione tutela i principali diritti e rapporti etico-sociali (artt. 29-34).


Art. 29:

La famiglia viene riconosciuta come elemento centrale della società e società essa stessa.
La famiglia, infatti, viene considerata “società naturale basata sul matrimonio”. Infatti, la famiglia è la prima forma di “società”. Ha delle regole che sono sue proprie e che l'ordinamento riconosce e tutela.

L'articolo 29 è inserito nel titolo secondo (Rapporti etico-sociali) della prima parte (Diritti e Doveri dei Cittadini) della Costituzione. Si tratta di una serie di articoli “innovativi” per l'epoca in cui la Costituzione è nata. Infatti, in quel periodo le idee socialiste e democratiche, sebbene in fase di ascesa erano, comunque, poco applicate sul piano pratico agli ordinamenti giuridici vigenti. Lo stesso Statuto Albertino, per quanto “lungimirante”, era ben lontano dal riconoscere un ruolo attivo dello stato nella tutela economica e sociale delle classi meno agiate.
Come si vedrà trattando il titolo terzo della Costituzione (Rapporti economici), si configura uno stato democratico e sociale (come viene detto dagli economisti “welfare state”, ovvero uno stato che garantisce il benessere), in cui si tutela il lavoratore (soprattutto il lavoratore dipendente) e si da una definizione di proprietà privata, non priva di contraddizioni.     

La famiglia, come società naturale, deve essere fondata sulla volontà liberamente espressa dalle parti di contrarre matrimonio.
In base alla legge n. 151 del 1975 i coniugi sono uguali dal punto di vista morale e giuridico. Tale pari dignità viene garantita sia nel rapporto tra i coniugi (dovere di fedeltà, pari diritto a partecipare alle decisioni che riguardano la famiglia e i figli, obbligo di partecipare al mantenimento dei figli in base alle capacità economiche, regime legale di comunione) sia nel rapporto con i figli (viene meno il concetto di patria potestà, oggi denominata potestà parentale, il minore ha il diritto di crescere e frequentare entrambi i genitori e le rispettive famiglie). L'eccezione alla parità dei coniugi viene sancita per legge a tutela dell'unità familiare.
L'uguaglianza dei coniugi fa sì che oggi non si parli più di potestà maritale, abolita da tempo in tutti i paesi occidentali.
In caso di contrasto tra i coniugi relativamente a qualche decisione che può comportare il venire meno della stabilità e della sicurezza della famiglia e dei figli, l'intervento del giudice, in base alla legge, può comportare la prevalenza di uno dei due.
La legge del '70 ha introdotto il divorzio, come scioglimento del matrimonio.
Tale legge, insieme alla laicità dello stato e ad altre problematiche importanti, è stata effettivamente “oggetto di negoziazione e accordo” solo nel 1984, con il nuovo Concordato, che tra l'altro ha riconosciuto al matrimonio religioso valore civile.
In ogni caso la Chiesa non attribuisce alcun valore al divorzio o alla separazione legale. Nel diritto canonico esiste la possibilità di annullare il matrimonio per delle cause ben precise. In tutti gli altri casi il matrimonio è, comunque, valido.
La legge sul divorzio è stata successivamente rivista con altre leggi successive. Tra esse la legge del 1987 che ha introdotto la separazione legale (consensuale o giudiziale). 
Limitate sono le possibilità di ricorrere ad aborto e procreazione assistita (solo nei casi previsti dalla legge, prevalentemente per ragioni di salute). 

Art. 30:

“I genitori hanno diritto/dovere di mantenere, istruire ed educare i figli”: tale norma non vale solo per i figli legittimi; con la riforma del 1975 anche i figli nati fuori dal matrimonio, detti figli naturali, hanno diritto allo stesso trattamento dei figli legittimi, o comunque a tutela giuridica e sociale, compatibilmente con i diritti dei componenti della famiglia legittima.
Lo stato si deve prendere cura dei minori che non abbiano i genitori o di minori non adeguatamente accuditi dalle famiglie di origine, tramite vari istituti previsti dalla legge. L'affidamento e l'adozione sono stati lungamente dibattuti dal nostro ordinamento. Ne sono nate delle norme piuttosto complesse e spesso poco chiare per i minori e per le famiglie di riferimento. Sin dalla fine degli anni '60 esistono, poi, le case famiglia, nate dall'esigenza di creare un ambiente familiare, in cui accogliere bambini e ragazzi con problemi, in alternativa agli istituti del passato (orfanotrofi).
Sussiste la presunzione della paternità all'interno del matrimonio (confutabile con prova contraria).

Art. 31:

Sancisce la tutela della famiglia “numerosa” attraverso varie misure economiche e “provvidenze”; basti pensare agli assegni di famiglia, alle detrazioni fiscali a favore dei carichi di famiglia, ai consultori familiari, alle agevolazioni per la casa e per il mutuo (concessi alle famiglie), per limitarci ai più importanti. 

La tutela della maternità, dell'infanzia e della gioventù dovrebbe essere ripresa da altri articoli e leggi. Per la prima si veda l'articolo 37 e le considerazioni del caso (tra cui asili nido, tutela del posto di lavoro per la madre nel periodo del puerperio, garantito anche per il padre che voglia assumersi le responsabilità della cura del figlio, in tale periodo).
Per la seconda, la legge del 2006, insieme ad altre norme, ha spostato l'età minima per l'attività lavorativa ai 16 anni.  

Art. 32:

Sancisce il diritto alla salute, che è contemporaneamente un diritto sociale e un diritto civile.
E' un diritto sociale perchè si tratta di tutelare, tramite l'assistenza dell'individuo malato, la sua convivenza con gli altri e la loro salute; è anche un diritto civile perchè ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e alla vita, garantite tramite l'assistenza sanitaria.
La legge 833 del 1978 ha istituito il Sistema Sanitario Nazionale, il quale prevedeva l'assistenza sanitaria gratuita per tutti i cittadini. Tale sistema consente di avere determinate prestazioni gratuite, mentre le altre sono a pagamento (parzialmente o integralmente).

In seguito, nel 1999 la legge in questione è stata rivista in senso federalista, poiché la gestione della sanità  è stata affidata alle regioni (con i dovuti mezzi finanziari). Allo stato rimaneva la competenza di coordinamento e generale.  Il ministero competente è tornato ad avere il compito di assicurare i controlli sanitari e di igiene nei luoghi di lavoro, compito che era stato assegnato alle USL.
Nel 2001, a seguito dei problemi di bilancio, con legge apposita, sono stati introdotti una serie di principi di razionalizzazione della spesa sanitaria, con una limitazione dei posti letto ospedalieri per numero di abitanti e una percentuale massima di spese farmaceutiche sulle spese totali della sanità. In particolare i farmaci sono o totalmente a carico o soggetti a ticket.

Art. 33:

L'articolo 33 richiama gli articoli 9 e 21 della Costituzione. In questo articolo, infatti, si sostengono l'arte e la scienza e la libertà del loro insegnamento. Tale libertà fa tutt'uno con la libertà che nel nostro ordinamento viene garantita dall'articolo 21 all'espressione del pensiero, la libertà di informare e di informarsi. Infatti, si vuole esaltare l'importanza del libero confronto tra tesi e teorie differenti (pluralismo ideologico), piuttosto che un approccio dogmatico, basato su una dottrina unica e univoca.  
Quello che si studia dai libri di scuola è una possibile versione ma non è detto che, con la dovuta cura esplicativa, non si possano trovare altre soluzioni e altre spiegazioni agli stessi problemi. Ogni studioso può insegnare quello che ritiene più opportuno, quindi.
Ovviamente, nella scuola pubblica i programmi delle lezioni sono ancorati a quanto viene predisposto dal Ministero. Le scuole pubbliche coprono tutti gli ordini e gradi dell'insegnamento.
Nelle scuole private gli insegnanti (in qualche caso) devono attenersi alle ideologie e alle tendenze di fondo della scuola per la quale lavorano. Comunque, lo stato consente di attivarsi per creare scuole private di ogni tipo. Tali scuole possono venire pareggiate alle scuole statali, ma ciò comporta degli oneri per le scuole stesse.
Infatti, una scuola paritaria deve attenersi alle leggi dello stato, affinchè gli alunni possano essere considerati sullo stesso piano degli alunni della scuola pubblica.
Ai livelli più alti della formazione viene riconosciuto il potere di darsi un ordinamento autonomo. Le università, le accademie e altri istituti hanno dei regolamenti che sono emanati autonomamente come autonomamente sono gestiti i mezzi finanziari a loro disposizione.

Il penultimo comma di questo articolo riguarda le complesse e farragginose modalità con cui nel nostro paese,  per molto tempo, si è passati ai gradi successivi degli studi e della professione. Molto spesso tali modalità sono servite a premiare il "merito"; molto più spesso sono servite solo a fermare il percorso già iniziato e quasi finito....

Art. 34:

L'istruzione deve essere un diritto per tutti. A tale fine il nostro paese garantisce a tutti la formazione di durata almeno decennale (la legge più recente in materia di istruzione ha prolungato di almeno due anni la formazione obbligatoria!). Poi, il proseguimento degli studi è reso possibile anche ai privi di mezzi con opportuni sostegni finanziari da parte dello stato. Il principio dell'uguaglianza sostanziale (art.3 e quindi art. 2 per quanto riguarda la solidarietà, per l'effettiva e concreta realizzazione dei principi) riemerge anche qui: chi è privo di mezzi ma ha voglia e capacità per proseguire gli studi (oltre gli anni considerati "obbligatori") viene sostenuto dallo stato con borse di studio e altre agevolazioni.

Del resto anche gli articoli del titolo successivo riprendono l'importanza dello studio superiore come elemento indispensabile per migliorare il lavoratore qualitativamente e professionalmente. Quindi lo studio è strettamente connesso con l'attività lavorativa e la crescita economica e sociale dell'individuo e del paese (articolo 35).